GIOCA, GIOCA
Entro dentro, l’aria si fa pesante, umida, la potrei tagliare con un coltello nemmeno tanto affilato. Ma eccomi qui, nel bagno della casa dei miei genitori. Faccio un passo avvertendo un dolore al petto che sale alla gola togliendomi quasi il fiato ed ecco che mi giro verso destra a guardare il mio volto riflesso sulla superficie di quello specchio così grande. Non so chi sia quella persona, ogni volta è curioso vedere quel viso perché mi fa dire “ah, questa è la mia faccia”. Intanto il cuore pompa sangue a più non posso e quella faccia si trasforma lentamente in qualcos’altro. Sembra innanzitutto sciogliersi come una candela facendo cadere le gocce rosse sul lavandino, tingendolo piano piano di chiazze e schizzi di sangue umano, del mio sangue. E sotto compare la testa di uno scheletro, un teschio. Appena vedo i denti il teschio si infila in bocca una sigaretta e se la accende e mi dice, con un sinistro eco di sottofondo: “Gioca, si. Gioca. Ma qualunque sia il tuo motivo puoi morire. Perciò gioca con questa” e con la sua mano ossuta sporca di sangue mi consegna una pistola a canna corta, con tamburo. “c’è un proiettile dentro, gioca, si, gioca” mi dice fumando la sua sigaretta.
Quella volta mi era andata bene, altrimenti, come è ovvio, non sarei qui a scrivere questa storia. Ma quello che mi fa ancora rabbrividire è che quando premevo il grilletto nello specchio vedevo una platea piena di persone sedute comode che si mangiavano i loro pop-corn.
Volevo morire. Io, oggetto di spettacolo? Maledetti. Avrei dovuto sparare a loro ma cristo avevo solo un colpo.
Ora lo scheletro lo vedo ogni giorno, la mattina e tutte le volte che vado in bagno. Mi dice “Gioca” e mi porge sempre la pistola. Penso che uno di questi giorni sfiderò il numero di volte che la fortuna mi può assistere.
Perché lei non c’è più.
Avete capito bene figli di puttana, lei non c’è più.
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